Mi stringe le mani. Mi dice non andare via.
- Resta.
- Perché?
- Perché te lo chiedo io...
- Tu mi puoi chiedere tutto, hai sempre avuto un grande potere su di me; ma questa volta no,è diverso.
- Resta.
- Insomma, basta.
Smettila di guardarmi così, senza distogliere lo sguardo.
Non lo reggo, e lo sai benissimo.
La mia maledizione è che in fondo mi conosci, fin troppo bene. E sei un lama.
- Oggi ti sei svegliata e stavi male...
- Lo so, non c’è bisogno che tu me lo ricordi.
- Ma io ero lì accanto a te...
- Falso.
- Questa è ingratitudine, lo sai.
- Lo so bene, so qual è il tuo aiuto: mi guardi e taci e pensi che basti questo. Io non sapevo che fare e avevo addosso il tuo respiro che a sua volta chiedeva: “che fare?”
- Mi dispiace.
- Lo so.
- Non sapevo davvero che cosa fare, ma ti stavo accanto.
- Mi stavi addosso.
- Volevo che sentissi che c’ero.
- Mentre io volevo non sentirti. Volevo che non mi vedesse nessuno, che non mi sentisse nessuno, con quel respiro affannoso e le smorfie sul viso.
- Eri sempre tu, anche in quelle smorfie ti riconoscevo ed amavo.
- Io vorrei che tu mi amassi nella gioia.
- Ti amerò anche in quella.
- Se mai verrà.
- Certo che verrà, a costo di dimenticarla poi.
- Mi manca.
- Lo so.
- Ma ho già tanto.
- Lo so.
- Sai già tutto? Perché di questo tutto non mi riveli nulla?
- So davvero poco.... Non mi sopporti più; forse è meglio che sia io a partire.
E il viso all'improvviso distolse lo sguardo dallo specchio e gli occhi si ritrovarono soli e una voce a due voci trovò un unico fiato per un urlo che si fermava in gola, capace solo di sussurrare:
- Resta.
2 commenti:
che bello...
Merci, da tanto non sentivo una tale urgenza di scrivere...
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